" Non vi è immagine più conosciuta e che parli in modo più semplice del mistero della nascita del Signore come quello della madre con Gesu fra le braccia" (Giovanni Paolo II)

LA FESTA

Per la seconda domenica di maggio l'aria è dolce, la luce del sole chiara e sfavillante, mentre la costa boscosa di San Rocco, dopo il cupo inverno, si ricopre di un tenero verde ondeggiante alla brezzacene si incanala nel vallone dell'Acquaforte.

Trilla gioiosa la campanella della piccola chiesa ai piedi del monte di San Terenziano tutta parata a festa in attesa della marea di gente che invaderà pacificamente l'intera vallata.

Si respira un clima diverso, si legge nei colori dei prati e sulle fronde degli alberi e sui volti sereni soprattutto dei giovani che è festa; una festa molto sentita custodita nel fondo del cuore di tutti, una festa che richiama ricordi lontani, affetti mai dimenticati, persone care ormai scomparse.

E' la festa della Madonna delle Grazie, nel cuore di ognuno, la Mamma di tutti capranichesi. In questo giorno infatti quasi per un tacito accordo o più per un irrefrenabile bisogno di ritrovarsi a casa, molti cittadini che ormai vivono lontano, si ritrovano alla festa, alla processione silenziosa e composta, agli spari tumultuosi e festanti, allo scampanio senza fine delle maggiori chiese cittadine, al suono esultante della banda.

Tutto è festa,'ma non confusione e frastuono.

Quanti volti seri e pensosi volgono lo sguardo fiducioso alla dolce immagine della Madre di tutti al suo passaggio per le vie del paese, tra le vecchie case dalle piccole finestre socchiuse.

Sono volti di anziani per lo più scavati dal dolore o dalla sofferenza, dalle prove che la vita in un modo o nell'altro a tutti riserva; sono volti pieni di speranza e di vita di giovani madri, che sollecitano i piccoli in braccio a tirare un bacio alla Madonna.

Gli occhi si inumidiscono e qualcosa preme sul cuore. E' una Regina portata sulle forti spalle dei macchinisti, in trionfo; ma quel mantello celeste lievemente ondeggiante sopra una folla silenziosa e assorta, suscita sempre qualcosa di indicibile.

Non è solo fede, ma un misto di nostalgia di una pace infantile forse perduta, rimpianto di quella tenerezza confidente ritenuta per l'età fuori moda, il desiderio forse di comprensione per il proprio male di vivere, senza essere giudicati...

Il volto della sacra immagine, mentre guarda il Bambino che sorregge tra le braccia, sembra velato di una tristezza racchiusa, che fa uno strano contrasto con lo sfarzo del vestito tutto intessuto d'oro e tempestato di gemme, con la macchina votiva scintillante inondata di fiori, con le musiche e la folla festante.

La lunga teoria di "fratelìì", con tunica bianca e mantellina celeste, si snoda lenta dalla bella chiesa di Santa Maria, percorre tutto il paese, esce dalle antiche porte cittadine per raggiungere il piazzale della Madonna del piano. Qui davanti alla graziosa chiesa del Vignola le insegne spiegate al vento sembra che abbiano un momento di esitazione; poi ripercorrono il prospettico viale Nardini, mentre dal vicino parco pubblico una assordante salve di mortaretti sembra incendiare il cielo, tra nuvoli di fumo e grida di bambini. La folla si assiepa sotto i tigli dalle foglie nuove paludate a festa.

E passano i tronchi poderosi delle croci portati in vertiginoso equilibrio da possenti braccia, ondeggiano gli stendardi con la figura della Vergine, sventolano le bandiere celesti, mentre alte lanterne dorate precedono i mèmbri dell'Amministrazione, che incedono solenni con le loro insegne tenute come lunghi scettri sulla destra. La processione percorso il centro storico, giunge finalmente alle ultime casette del paese dove il colle degrada e la via diventa stretta e tortuosa. Eccola! la Madonna è giunta alla vetusta Porta di San Pietro.

I ripidi gradoni della via in selci offrono uno spettacolo suggestivo con i maestosi tornanti e bastioni, alla traboccante folla che intanto si è raccolta nell'ampia conca sottostante. Il colpo d'occhio è formidabile da qualunque punto lo si voglia osservare. La commozione è sempre grande quando si vede spuntare la cara immagine dal quel piccolo arco che costituì per secoli l'unica porta di entrata all'abitato di Capranica.

Il vocio della folla sottolineato dalle note della banda, come per un segnale convenuto, all'improvviso viene letteralmente subissato da un fragore assordante di spari ed esplosioni. E' lo sparo crepitante del famoso "gerso", una tradizione a cui i paesani sono visceralmente legati e a cui non saprebbero rinunciare. Mentre il fumo dei mortaretti e l'odore acre si dissolvono all'aria tersa del mezzogiorno, la Madonna è giunta alla chiesa rurale per Lei costruita dai nostri padri, nei tempi antichi quando i pellegrini per la Città Santa, qui potevano trovare un sicuro rifugio e volti amici. E' il momento della preghiera pubblica, della santa messa, che convoglia al cielo un infinito stormo di preghiere, suppliche, e sospiri levati dal segreto più profondo di tanti cuori.

Dopo, sommessamente la processione si ricompone davanti al sacrato della chiesa e lentamente risale l'erto colle fino alla chiesa di Santa Maria, quasi per raccogliere e racchiudere la preziosa esperienza vissuta al mattino per poi riviverla nell'intimo della famiglia raccolta attorno alla mensa, oggi arricchita di un sapore più intenso e più vero.


(Antonio Sarnacchioli)